Testimonianza di Valeria Strada.

Alle elementari ricordo la fatica di seguire il ritmo di lettura dei miei compagni, vivevo con ansia il momento in cui la maestra avrebbe detto:”Valeria, continua tu”. Immancabilmente perdevo il segno e mi sentivo dire che ero distratta ma io distratta non ero, anzi, ero attentissima. Facevo una marea di errori ortografici. Le tabelline non ne parliamo proprio, mai iuscita ad impararle e tutt’ora proprio non ci riesco. Il mio gioco preferito era quello della maestra. Anche mentre facevo i compiti fingevo di essere una maestra. I miei hanno avuto anche la felice idea di iscrivermi a pianoforte ma io riuscivo a suonare a orecchio, la musica non riuscivo a leggerla, dovevo, per leggere una nota, iniziare sempre dal DO. Ci mettevo una vita insomma e anche qui mi sentivo dire che non m’impegnavo. Mi piaceva suonare ma l’incubo di leggere la musica mi ha fatto avere il coraggio di dire a mia madre che non volevo farlo più e lei mi accontentò. Alle medie mi dicevano che ero immatura, più piccola della mia età, studiavo tantissimo, in terza media ero convintissima di andare bene, avevo la percezione di essere tra le più brave addirittura, perchè studiavo davvero tanto ma all’esame presi un voto bassisimo ( non ricordo se sufficiente o discreto) e lì iniziai a chiedermi chi fossi, perchè io credevo di andare bene, cosa volevano i professori da me. Mi vergognavo, mi vergognavo con i miei genitori, con i miei amici, con i miei nonni, con gli amici dei miei genitori che puntualmente avevano figli bravissimi a scuola. Il vissuto di essere stupida che avevo già dalle elementari prendeva sempre più corpo scansando completamente quella di essere brava che mi aveva accompagnata in terza media. Mi sentivo sola, e lì dcisi che da grande avrei voluto fare la psicologa, non volevo che altri si sentissero come mi ero sentita io. Mi iscrissero al Liceo Classico…e che ve lo dico a fae. Ricordo come se fosse oggi la prima interrogazione alla lavagn di greco. La professoresa si mise a ridere dicendomi che nonavevo capito nulla. Facevo ripetizioni il pomeriggio ma andavo sempre peggio e fui bocciata. Da lì ho smesso di studiare, era meglio essere ribelle che stupida. Filoni su filoni, non andavo mai a scuola, e al contempo la vergogna aumentava e in quel periodo sviluppai un disturbo ossessivo compulsivo e una depressione ( non riconosciuti). Stavo sempre a casa, e mi lavavo, mi lavavo ( chissà quale colpa volevo lavare). Intanto fui bocciata per la seconda volta, ero la ribelle, lapecora nera, quella sempre arrabbiata e che a scuola non faceva nulla ed era vero. I miei genitori mi iscrissero ad una scula privata e recuperai gli anni persi. Rincominciai a studiare, lì mi sentivo riconosciuta, amavo materie fino ad allora odiate. Ma era una scuola privata e mi sentivo dire: “vabè…paghi!!! Grazie che hai risultati buoni!!!!” quindi la mia autostima era sempre sotto ai piedi. Mi iscrissi all’ultimo anno sempre del liceo classico, anno che corrispose col mio trasferimento a Termoli ( non so perchè sta fissa…). Quando i professori ( in particolare colei che insegnava Italiano, latino e greco), scoprirono che provenivo da una scuola privata, mi chiamarono in presidenza e, come se avessi ucciso qualcuno, mi accusarono di essere stata poco sincera, che andavo male perchè non avevo le stesse basi degli altri e parole che rievocarono in me il solito vissuto: la vergogna. Anche qui, era più il tempo che non andavo a scuola di quello che andavo. Non studiavo MAI. E ovviamente non fui ammessa agli esami. L’anno dopo non so come mi sono diplomata, studiacchiavo, non ci credevo ma andai a ripetizione d una professoressa meravigliosa, che guardò oltre la nozione, che mi accolse e feci un esame stupendo. M’iscrissi all’Università, a psicologia, nessuno credeva in me, io per prima e iniziai a prendere 28- 30, l’unico 23 lo presi a statistica ( che non so come ho fatto a passare insieme ad Inglese), non ci potevo credere che passavo gli esami, lì non c’era l’incubo della fretta di finire i compiti il pomeriggio, sono andata come un treno in corsa, ma ogni esame che passavo lo attribuivo alla fortuna. Mi sono laureata, ho iniziato subito a lavorare, ho fatto l’esame per l’abilitazione, mi sono iscritta alla specializzazione e nel frattempo ho avuto due bambini. Ogni passo avanti però continuavo ad attribuirlo alla fortuna. L’inizio delle elementari di mio figlio è stato terribile, lo vedevo faticare e io sono andata in tilt. In quarta elementare , abbiamo scoperto che mio figlio è DSA ( dopo essermi sentita dire che ero ansiosa e che volevo fare a tutti i costi la psicologa di mio figlio e dopo una diagnosi sbagliata). Non sapevo nulla di DSA , io ero una psicoterapeuta sistemico relazionale, facevo tutt’altro. Mi sono iscritta al perfezionamento in psicopatologia dell’apprendimento e lì ho iniziato a scoprire il mondo dei DSA, e lì ho scoperto di errere io DSA, lì ho scoperto che non ero stupida, che i professori non erano schifati da me e da quel momento non ho masi più smesso di studiare, ogni diagnosi che faccio studio, ogno PDP che vado a fare ho la possibilità di dire che la dislessia è una caratteristica, ogni bambino che incontro è la stessa bambina che ero io. Oggi ho un centro che si occupa di DSA, ho dato lavoro e ho unito i famosi puntini….( come disse Steve Jobs).

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