Mi chiamo doc. Federica Valentini.

MI CHIAMO DOC di Federica Valentini

12 febbraio 2011 alle ore 14.39

Mi chiamo Doc, questa è la mia storia, è la storia di un cane. Ci saranno milioni di storie, alcune sui cani, ma ce n’è qualcuna raccontata da un cane? Forse ce ne sono ed io voglio raccontavi la mia. Da dove cominciare? Cominciamo dall’inizio. Sentivo qualcosa attorno a me, un brulicante fermento, voci, odori a me estranei, tutto mi era estraneo, poi una spinta, un istinto, l’istinto che mi diceva di andare verso qualcosa di caldo ed invitante.. Ci appoggiai il muso e succhiai quella cosa calda, entrava in gola, era buona ed io feci la prima distinzione tra bene e male: la cosa che mi entrava in gola era bene perché mi nutriva, tutto ciò che avrebbe potuto staccarmene era male, così il mio primo obiettivo fu rimanere attaccato a ciò che era bene. Quando non succhiavo dormivo e viceversa, poi trovai altri interessi oltre al dormire o succhiare e cominciai a muovermi, ad odorare ed un giorno aprii gli occhi e vidi altri esseri attorno a me, i miei fratelli ed identificai loro come bene, poi vidi mia madre che era il bene assoluto perché mi puliva e mio nutriva, infine c’erano degli altri esseri che non sapevo identificare, non erano bene o male perché non facevano niente che potesse rientrare in questa due categorie: ci visitavano, ci controllavano, ma non facevano niente di nocivo o benevolo, li soprannominai “ i Pensanti” perché raramente seguivano l’istinto e non facevano mai nulla di ovvio. Appena potei camminare su quattro zampe, mi dedicai allo “studio” dei Pensanti, ed era una cosa che occupava la maggior parte del mio tempo, perché i Pensanti erano proprio strani; la loro prima stranezza era il corpo, per prima cosa erano senza pelo, a parte quello sulla testa che variava da Pensante a Pensante, poi il loro modo di muoversi, camminavano con le zampe posteriori ed afferravano le cose( perfino il cibo) con quelle anteriori. Quando la cosa buona che succhiavo, che i Pensanti chiamavano “latte”, non mi bastò più, i Pensanti divisero me e i miei fratelli da nostra madre e quello fu il male più grosso che potessero farmi. Mi misero in una scatola con i miei fratelli, arrivavano molti Pensanti, ogni tanto prendevano uno di noi, lui non tornava mai indietro, da una cucciolata di dieci eravamo rimasti in cinque. Sentivo vari odori perché ogni Pensante aveva un odore diverso ed era proprio questo che distingueva i Pensanti dagli altri animali,ogni Pensante aveva un odore diverso. L’odore di un Pensante stava ad indicare molte cose: cosa aveva toccato, mangiato, con quali esseri era entrato in contatto, ma anche il suo stato d’animo e la sua personalità. Un giorno venne una famiglia di pensanti, sentii il loro odore da molto lontano e quando entrarono nella stanza dove mi trovavo coi miei fratelli, notai che avevano tutti un buon odore, soprattutto il loro “ cucciolo”. Subito scodinzolai. Il padre del piccolo Pensante sollevò mia sorella accanto a me. “Che ne dici di questo, Ronny?”, chiese, ma lui con mio grande sollievo scosse la testa ed indicò me, il padre allora mi prese in braccio e mi mostrò a Ronny. “ Vuoi lui?”- Ronny annuì- Si, è davvero un bel Labrador”, poi si avvicinò alla Pensante che li aveva scortati. “Quant’è?”, chiese. “ Duecento”, rispose lei. Capivo poco di quel dialogo, ma sapevo che non sarei mai più tornato. Da quel momento cominciai a far parte della vita di quei pensanti e scoprii cose molto strane. Capii che la Pensante che stava in quella casa non era la madre di Ronny perché riuscivo a percepire i loro legami, c’era un forte legame tra i due pensanti più grandi, Luca e Grace, ed un legame altrettanto forte tra Luca e Ronny, ma tra Grace e il piccolo Ronny c’era un baratro, Grace tentava di avvicinarsi a lui con approcci amichevoli ma Ronny la respingeva. Anche i loro odori non coincidevano, Ronny aveva un odore abbastanza simile a quello di Luca, ma totalmente diverso da quello di Grace. In più Ronny era diverso dagli altri Pensanti, non parlava mai, annuiva o scuoteva la testa ma non faceva nient’altro ed il suo odore sapeva perennemente di dolore. Pian piano capii, la madre di Ronny era morta ed io lo comprendevo perché avevo subito anch’io lo choc di una perdita simile.Ronny ed io avevamo un rapporto speciale,finalmente riuscii ad introdurre quei pensanti nel bene e non solo perché mi nutrivano e mi davano protezione, ma anche perché in loro sentivo una tale sensazione di affetto e fiducia che sarei stato pronto a seguirli nel fuoco. Passarono i mesi ed io crescevo, e più crescevo più mi affezionavo a Ronny, e più mi affezionavo a Ronny più sentivo la costante presenza del suo dolore attenuarsi senza però mai svanire; anche luca e Grace sembravano accorgersene,per questo fui chiamato Doc, il dottore migliore per il mutismo di Ronny . Un giorno Luca era andato al lavoro e Grace aveva consegnato a Ronny il mio guinzaglio dicendo:” hai otto anni, sei grande, fatti un giro qui vicino con Doc.” Ronny aveva sorriso ed eravamo partiti. Ronny correva e rideva ed io abbaiavo al vento, fino a che non arrivammo al parco, Ronny si stese per terra ed io gli misi il muso sullo stomaco per sentire il suo odore che sapeva di felicità. Al Parco andò tutto per il meglio. Il danno, o la svolta, si verificò al ritorno. Ronny era troppo stremato per correre ed io tenevo il suo passo, allegro e soddisfatto, totalmente immerso nel suo odore che sapeva di allegria, sempre però contrastato da quel dolore che, anche se poco, c’era. All’improvviso sentii degli odori terribili e vidi due Pensanti molto più grandi di Ronny pararglisi davanti, sentii il cuore del mio pensante sobbalzare. Paura. “ Ciao Ronny, come va?”, chiese uno dei due, più grosso e tarchiato. “ Lui non parla!”, biascicò ‘altro scoppiando a ridere. Ronny corse via, io lo tiravo per farlo correre più velocemente. Ma i Pensanti lo raggiunsero afferrandolo. Io ringhiai; ecco un’altra cosa che distingueva i Pensanti dagli altri animali, non comprendevano i segnali non verbali. Capivo che quei Pensanti erano male perché colpivano Ronny che era bene, io non sono un Pensante, io reagisco d’istinto e l’istinto mi diceva che il male andava evitato o combattuto e che il bene andava difeso. Ronny era un grande bene. Dovevo difendere Ronny. Così chiusi le mascelle sul braccio del pensante che aveva afferrato Ronny. In quel preciso istante avvertii una gran quantità di sensazioni, così ampia da stordirmi: c’erano sorpresa e sgomento che partivano dal compagno del Pensante che avevo morso( codesto pensante era sorpreso, allarmato ed impaurito), poi c’era Ronny, anche lui era sorpreso ma vagamente compiaciuto ed anch’io provai quella compiacenza.tenni il,braccio del Pensante per qualche secondo, quando lo lasciai sanguinava lì dove i miei denti vendicativi avevano lasciato il segno, io sentivo il vago sapore di quel liquido sulla lingua. I due Pensanti scapparono ed io mi sentii felice perché avevo sconfitto il male; a farmi sentire anche meglio fu lo sguardo di Ronny, non mi accarezzò, né mi abbracciò, ma mi guardò e basta con uno sguardo talmente pieno di fiducia e riconoscenza che sarebbe valso cento di quelle parole che Ronny non diceva e che gli altri Pensanti trovavano tanto importanti. Tornai a casa, mangiai e mi stesi sulle piastrelle a dormire, Ronny mi si accoccolò vicino, nessuno sapeva dell’accaduto e pensai che nessuno l’avrebbe mai scoperto visto che Ronny non parlava, a poi non ne vedevo il bisogno. I due Pensanti mi avevano provocato ed io avevo difeso ciò che era bene ferendo non gravemente uno di loro e quando erano fuggiti non li avevo rincorsi ed in più li avevo avvertiti con tutti i preliminari di una adeguata battaglia. Nella mia mente semplice di animale tutto filava alla perfezione ma, come ho già detto, non sono un Pensante, loro non fanno mai nulla di ovvio. Era mattina, una mattina splendida, si inoltrava la primavera, gli uccelli cantavano, i fiori sbocciavano e dei piccoli tesserini verdi si sdraiavano sulle pietre ed io mi divertivo a coglierli di sorpresa toccandoli con il muso così che loro scappassero come giocattoli a molla. Li inseguivo ma non riuscivo mai a prenderli anche se mi piaceva saltare e guaire cercando di acchiapparli per poi stare col muso piantato in terra e la coda che frustava l’aria. Lo facevo specialmente se c’era qualche Pensante in casa perché in genere scoppiavano a ridere e mi piaceva farli ridere,soprattutto Ronny perché era l’unico modo che avevo per sentire la sua voce. Ebbene, quella era una mattina bellissima, anche se ad un certo punto della nottata Ronny aveva cominciato ad agitarsi ed io mi ero messo sul suo letto per tranquillizzarlo, sapevo però che non dovevo salire sui letti dei pensanti perciò più o meno all’alba mi ero trasferito in salotto a dormire sul tappeto. Qualche ora dopo sentii i passi leggeri di Grace che attraversavano la stanza, incuriosito la seguii. Malgrado il mio compagno di scampagnate prediletto fosse Ronny, non disdegnavo certo una camminata con un altro membro della famiglia, in una giornata bella come quella, rimasi deluso però quando scoprii che era solo una normale uscita per prendere la posta. “ seduto Doc”, comandò Grace quando vide che l’avevo seguita, obbediente mi sedetti ed aspettai. All’improvviso la Pensante sgranò gli occhi ed io avvertii paura ed ansia, ma non c’era nulla di malvagio, proprio non capivo, la sua paura sembrava derivare dal pezzo di carta che aveva in mano. Non sentivo l’odore di altri esseri e quindi supposi che avesse paura della carta in sé, pensai di toglierla dalla sua mano e distruggerla, ma prima che potessi farlo lei corse dentro casa.. La seguii e lei raggiunse Luca. Quando lei gli mostrò quel pezzo di carta, lui mi guardò con uno sguardo diverso dal solito, in quel viso tanto conosciuto c’era qualche cosa di sbagliato, ciò mi confuse, mi guardava ed io avvertii la rabbia, tanta, sentivo che aveva voglia di picchiarmi e ciò era male, ma lui era bene o male?. Questo fece crollare il mio mondo, tutte le mie certezze e la netta distinzione tra bene e male che era avvenuta senza difficoltà da quando avevo succhiato per la prima volta il latte di mia madre. Confuso mi fiondai in camera di Ronny mettendo la testa vicino al suo corpo, svegliandolo con i miei guaiti, l’unica cosa che sapevo era che Ronny era bene, il resto era nebuloso e contorto; Ronny era confuso ed assonnato, cercò di confrotarmi poi con me al suo fianco andò nella camera da letto dei Pensanti adulti. “ Ronny, che cosa è successo due giorni fa, quando hai portato Doc a spasso da solo?”, chiese Luca. Ronny tacque, allora luca lo prese per le spalle scuotendolo. “Parlami! Insomma! Tacendo non riporterai tua madre in vita!” A quel punto Ronny si divincolò e scappò via ed io lo seguii, volevo capire, Ronny si accucciò sul retro della casa, per la prima volta in vita mia provai confusione, non ero mai stato confuso perché tutto era ordinatamente diviso in bene e male, non c’erano mai stati degli esseri intermedi. Ronny ed io rimanemmo insieme per mezza giornata, il mio Pensante era scosso dai tremori e sentivo il suo dolore molto forte, non c’erano altre emozioni, evidentemente quei versi che per me erano incomprensibili per Ronny avevano un preciso significato ed io mi infuriai con Luca perché avevo lavorato duramente tutti quei mesi per fare di Ronny un pensante felice ed ora che quel dolore si faceva ogni giorno più debole, Luca con quei semplici versi l’aveva fatto tornare più potente di prima. Per mezza giornata nessuno ci disturbò, ed io ebbi il tempo di riflettere e fu stranissimo perché un cane non dovrebbe riflettere, questo è da Pensanti, forse vivendo a lungo con loro stavo diventando un po’ Pensante anch’io. All’improvviso, quando stava già facendo buio, arrivò Luca. Ronny si ritrasse al suo tocco ed io emisi un leggero brontolio. “ Ronny mi spiace per quello che ho detto ma Doc ha morso un bambino e la madre ha sporto denuncia, il processo sarà domani pomeriggio, però intanto Doc deve andare nel canile qui vicino.” Ronny ora odorava anche di paura, si aggrappò a me in modo disperato ma lasciò comunque che luca mi guidasse verso il giardino. Lì vidi Grace e tre Pensanti a me sconosciuti: erano due Pensanti maschi e adulti ed una femmina col suo piccolo, lo riconobbi all’istante ed emisi un ringhio minaccioso, era grosso e tarchiato ed aveva un inconfondibile morso sul braccio. “ Visto, te l’avevo detto che questo cane era pericoloso”, pigolò il tarchiatello con una voce troppo infantile per la sua stazza,. Quando ero ancora nella scatola, c’era uno dei miei fratelli che era più grosso degli altri e tutto nero, un giorno provò a rubarmi il cibo pensando di farcela perché l’aveva fatto agli altri, ma io mi ribellai e lo spinsi a terra, da quel momento appena mi vedeva mi girava lontano emettendo versi di sottomissione: quel piccolo Pensante mi ricordava mio fratello. I due Pensanti maschi mi staccarono da Ronny ed io cercai invano di tornare da lui. Sentivo che Grace e Luca erano dispiaciuti del fatto che io dovessi andarmene e capii che loro non avevano mai avuto intenzioni maligne ma erano stati comandati dal pensante e sua madre. Allontanarmi da Ronny e dalla sua famiglia fu un male profondo pari quasi all’allontanamento da mia madre. Mi misero in un grosso furgone e dopo qualche tempo che mi parve lunghissimo arrivammo nel posto più orribile del mondo, era pieno di cani nei recinti che abbaiavano, guaivano e si scagliavano contro la porta della loro prigione. I due misero anche me in uno di quei recinti e poi se ne andarono perché era già buio. Quel posto odorava di rabbia, di dolore e di risentimento. Ogni tanto qualcuno si metteva ad ululare, confidavano la loro storia alla luna, lo feci anch’io perché non avevo nessuno a cui dirla e quindi alzai il muso verso quella pallida e muta confidente. Non riuscivo a dormire perché ad ogni piccolo rumore i miei compagni di prigionia si mettevano ad abbaiare ed abbaiarono anche per lui, perché per loro non era altro che un insulso Pensante come tutti gli altri, ma per me era ben altro, capii subito che era lui dal suo odore più forte di qualunque altro.Ronny si scagliò contro il mio recinto e visto che non era chiuso bene, riuscì ad aprirlo. Gli corsi incontro e lui mi abbracciò, non c’era più traccia di dolore nel suo odore in quel momento. Così sotto una coperta di stelle io e Ronny dormimmo di nuovo insieme. Il giorno dopo io e Ronny fummo svegliati da delle voci di Pensanti. “ Lo sapevo che eri qui! Oh Ronny, come ti è venuto in mente?”, disse Grace. “ Dobbiamo rimettere questo cane in gabbia, è pericoloso.”, disse la madre del Pensante che avevo morso; insieme a Grace e Luca e suo figlio, avevano cercato Ronny, assieme a loro c’era anche un Pensante che lavorava in quella prigione che divise nuovamente me e Ronny. A questo punto Ronny urlò frustrato: “No!”, e si aggrappò con forza a me; tutti erano rimasti a bocca aperta per lo stupore, persino io ero attonito, ma lui continuò impassibile con una voce decisa e deliziosa da udire: “ Doc non è mai stato pericoloso, è stato lui”, ed indicò il piccolo tarchiatello. “ Lui voleva picchiarmi e Doc mi ha difeso, non è pericoloso, è stato un cane bravissimo e voi l’avete ripagato così.” Passò un momento di stupore generale poi la madre del Pensante che avevo morso disse :” Va bene, se è andata così non potrò fare altro che ritirare le accuse.” A queste parole l’atmosfera si rilassò ed anche Grace e Luca si ripresero. Usciti dalla prigione Ronny continuò a parlale e parlare come se dovesse riempire tutto il silenzio dei mesi passati ed io trotterellavo felice al suo fianco perché ora Ronny odorava solo di felicità. Nei mesi successivi feci alcuni test per verificare che non fossi un pericolo e poi mi potei ricongiungere a quella che prendeva sempre più i tratti di una famiglia normale e felice.