Lo Specchio. Federica Valentini.

LO SPECCHIO di Federica Valentini

7 giugno 2013 alle ore 9.17

Lo specchio

Le dico che dovrebbe smettere, non lo dico più con quella voce convinta delle prime volte ma quasi distrattamente.“Sai, dovresti smettere”,così come se niente fosse,perché so che non mi ascolterà, però ci tiene che lo dica, vuole che lo dica. Amy è lì,i capelli ricci color cioccolato un po’spettinati e l’aria assorta, sbatte le ciglia al sole, protegge gli occhi scuri con il braccio dalla pelle olivastra,coperto all’altezza della spalla da una maglietta rossa a maniche corte, l’ombelico ben visibile nella pancia piatta che termina dentro jeans tagliati alle ginocchia sottili mentre le gambe, come un fiume, sfociano nelle All Star bianche. Questa è Amy, perlomeno Amy questa mattina, appoggiata al muretto col sole che la scalda e l’abbaglia lievemente mentre osservo con un certo disappunto quel sorriso color rubino che le sfregia il braccio, dovrebbe proprio smettere.
“Perché l’hai fatto,Amy?”
Non sono in vena di litigare, oggi voglio solo saperlo.
“ Mamma ha fatto cadere un piatto, tu non c’eri, non ti sei fatta sentire tutto il giorno ed io non sapevo a chi dirlo, lei l’ha preso e l’ha fatto solo scivolare, così come se niente fosse, non è stato un incidente, lei voleva farlo e quando è caduto lei non ha fatto niente! Li ha lasciati lì! Ha lasciato i cocci lì! Prima di andare a dormire li ho raccolti.”
Non posso fare ameno di sentirmi in colpa, non mi sono fatta sentire per tutto il giorno, è vero, forse si sarebbe comunque tagliata, ma se io fossi stata lì sarebbe stato meglio. La madre di Amy non si comporta sempre come uno zombie, ma abbastanza di frequente ed Amy, se non può raccontarlo a me, lo racconta al coltello. Amy sbatte le palpebre e sembra risvegliarsi.
“Andiamo, Tom e Barbie ci aspettano.”
Pedala sulla bicicletta bianca, gocce di sudore le imperlano la fronte, fa caldo per essere maggio. Penso a quello che è successo. Sicuramente anche il padre di Amy ha visto i cocci, ma non li ha raccolti neppure lui, due zombie, povera Amy, deve essere stata una giornata pessima per lei, ho scelto proprio quel momento per non farmi vedere, avrebbe potuto farsi anche più male di così. C’è stato un periodo in cui i genitori di Amy non erano zombie, ridevano, scherzavano e raccoglievano i cocci dei piatti caduti, anche se era Amy che di solito li faceva cadere, è sempre stata più impacciata di Sammy…Un’improvvisa frenata ferma il flusso dei miei pensieri, siamo arrivati. Sento subito la voce squillante di Barbie che ci saluta. Tom se ne sta sdraiato sull’erba, assorto.Adoro questo parco, è sempre così pulito, così…magico, intorno a noi sento il vociare allegro dei bambini, l’abbaiare dei cani e l’incessante canto degli uccelli,bellissimo. All’ improvviso Barbie spezza la magia:
”Come te lo sei fatto quello?”
Accidenti, me ne ero dimenticata!Amy è bravissima a mentire e Barbara detta Barbie(anche se non sopporta quando la chiamano in quel modo)non brilla per intelligenza. Oggi Amy si limita a scrollare le spalle e a distendersi di nuovo sull’ erba, sotto il sole di maggio, nessuno ha voglia di indagare sui “graffi” di Amy. Barbie e Tom sono i suoi migliori amici, o almeno lei dice che lo sono,io le chiedo il perché e lei mi risponde che li conosce dall’asilo, ma allora non dovrebbero capire cosa le sta succedendo? Non dovrebbero aiutarla?A lei non piace quando faccio questo genere di discorsi. Stiamo una mezz’ora ad ubriacarci di sole come lucertole poi facciamo una passeggiata che termina con un immancabile gelato…è fresco, dolce e delizioso. Verso le sei io ed Amy lasciamo Tom e Barbie per tornare a casa. Non c’è niente di diverso dalle altre domeniche pomeriggio. Nessuno ha detto niente del braccio, neanche io con lei sulla bici.Neanche lei, con il taglio che le sanguina ancora un po’. Non ho intenzione di allontanarmi da lei per i prossimi giorni, forse m’illudo che la mia presenza possa evitare che si faccia male, sicuramente la mia assenza non migliora le cose. La casa di Amy è stupenda ed orribile allo stesso tempo, da fuori sembra uscita da una favola: è grande,bianca, sembra scolpita nella neve, quando la luce la tocca quasi brilla,è dolcemente abbracciata dall’edera le cui radici affondano nel morbido terreno di un rigoglioso giardino fiorito; dentro è diverso. Appena attraversiamo l’atrio ci accoglie il silenzio, forse non c’ènessuno, spero non ci sia nessuno. Ci muoviamo silenziosamente per casa,abbiamo paura di turbare il silenzio, quasi fosse un mostro addormentato che potrebbe ucciderci se si sveglia. Io non parlo, Amy non parla, silenzio, grande infinito silenzio. Arriviamo alla sala e lì vediamo sua madre, seduta sul divano che guarda la televisione, muta anche lei. I suoi occhi si posano sulla figlia e la trapassano, puntano al vuoto, neanche la saluta, niente turba il silenzio, poi i sui occhi tornano alla tv, sta guardando i filmati di Sammy senza audio, dovevo immaginarlo. Amy corre in camera sua, è furiosa. Sbatte la porta,il velo del silenzio va in frantumi. Scommetto che sua madre è sobbalzata. Amy si butta sul letto, affonda la testa nel cuscino,
“L’hai vista? è così da tre giorni, anche mio padre,lui almeno va al lavoro, lui almeno si veste!Hai visto che era in camicia da notte?”
Si che l’ho vista,ma adesso lei non vuole che le risponda, deve solo sfogarsi, io aspetto, spero non prenda il coltello. Sono passati tre anni, speravo che questa fase fosse superata, sappiamo entrambe che solitamente lei non è così, di solito pulisce casa, cucina, si trucca, si veste, non che rida o fischietti o chieda ad Amy come è andata la giornata, ma di solito si sforza di comportarsi normalmente,ma presto sarà il 28 maggio, il compleanno di Sammy, o perlomeno avrebbe dovuto esserlo, se non fosse successo quel che invece è successo. Sammy aveva un anno più di Amy, era alta, molto alta. Aveva dei bei capelli biondi, d’oro quando il sole li illuminava, era allegra, solare,rideva per tutto e per niente, e quando rideva Sammy ,rideva anche Amy. Un’estate,era fine agosto ed erano in vacanza in Sicilia, la madre decise di iscriverle ad un corso di nuoto, nessuna delle due sapeva nuotare, Sammy era negata, odiava l’acqua, e l’istruttore non riuscì a fare miracoli( non era mica Gesù!); Amy, invece era un talento naturale, si sarebbe detto che non avesse mai messo piede sulla terraferma: alla fine del corso Amy era un anfibio, Sammy non sopportava l’odore del cloro. Sarebbe successo lo stesso se non fossero andate in Sicilia?Se avessero sciato in Abruzzo d’inverno ed avessero rinunciato alla Sicilia d’estate? Sarebbe successo se fossero andate a Mirabilandia come Barbie invece che in quella maledetta Sicilia? No, oppure si, ma forse sarebbe stato meno traumatico per Amy. Mancavano due giorni al ritorno a casa, la madre di Amy e Sammy parlava vivacemente con una sua amica, erano in un porto, non ricordo per cosa, non è importante. Le due sorelle stavano osservando i pesci, piccoli pesci in grandi banchi, poi Amy scivolò.Sono pericolosi i porti, molto pericolosi, ditelo ai vostri figli. Amy scivolò, cacciò un urlo e si aggrappò alla sorella che cadde in mare con lei. Sammy urlava, Amy nuotava, cercava di appigliarsi a qualcosa. Amy gridava aiuto, Sammy gridava Amy. Nessuno le sentiva. Sammy scompariva e ricompariva nell’acqua, Amy voleva aiutarla ma finiva con la testa sott’acqua anche lei se provava a tenerla a galla. La madre si accorse della loro assenza venti minuti dopo, Amy ancora urlava, Sammy galleggiava a pancia in giù. Ci sono dei fiori in quel punto del porto, qualcuno si ricorda ancora della piccola Samanta morta ad 11 anni. Amy non parlò per un mese intero, quando ricominciò comparvero i primi sorrisi rossi e sadici sul braccio. In quel periodo di mutismo soltanto io riuscivo ad interagire con lei, superavo quella barriera invalicabile, ci conoscevamo da sempre ma da quel momento i nostri ruoli si fecero più netti, io la tenevo in vita e la facevo lottare. Voleva che vedessi la prima volta che si tagliò, era agitata, teneva un coltello in mano,piccolo, dalla lama leggermente ricurva e dal manico nero. La mano le tremava,io le risposi che non lo doveva fare, lei ribatté che era giusto, continuava a ripetere che era giusto, quando avvicinò il coltello al braccio la mano le tremava così forte che sperai che non ci sarebbe riuscita, invece premette la lama contro la carne, io avrei dovuto dirle qualcosa invece rimasi zitta. Amy contò a voce bassa:”Uno, due, tre”, e al tre strinse la mano libera dal coltello nella stoffa dei jeans e tirò. La lama strisciò lungo il braccio lasciando un segno rosso. Amy disse: “ Sto bene, mi sento bene, mi sento…non so neanche come spiegarlo”. Solo allora mi accorsi che quelle erano le prime parole di Amy dopo la morte di Sammy.In casa di Amy non riusciamo a starci più di 20 minuti, intanto mi è venuta la pelle d’oca dal freddo,in quella casa regna il gelo. Amy pedala per un tempo eterno, quando è allo stremo ci fermiamo. Siamo nel nostro parco preferito, proprio dove eravamo prima, non so se Amy se n’è accorta. Il tempo è cambiato velocemente, adesso è nuvoloso,prossimo alla pioggia. Ci accucciamo sotto un albero, voglio parlarle.
”Amy…”
“ Sto bene”
“No, non stai bene,dici di stare bene ma sei la persona più lontana dallo stare bene che ioconosca.”
“ Ok, non sto bene,a che serve mentire?”
“Devi smettere di farti male,non otterrai niente, i tuoi genitori non cambieranno,così fai male solo a te stessa.”
“Quando mi taglio non sento dolore, sul serio,a volte mi basta premere la lama sul braccio, sto bene”
“ Non puoi sentirti bene in quel modo, tu pensi di sentirti bene, ma è sbagliato e pericoloso.”
Amy non parla per moltissimo tempo,tiene le ginocchia cinte con le braccia,la testa bassa,poi quando riprende sembra distrutta
.”Fammi smettere,devi essere abbastanza forte da farmi smettere”.
Le sue parole mi colpiscono, rimaniamo entrambe in silenzio. Comincia a piovere, prima qualche goccia, poi un diluvio. Restiamo lì, ci inzuppiamo d’acqua. Devo essere abbastanza forte da farla smettere. Le settimane passano, la situazione a casa  di Amy torna alla normalità,la loro normalità. So che ci sarà un ulteriore momento critico, quando arriverà l’anniversario della morte di Sammy, ma questo è il futuro, ho capito che concentrandosi sul presente si dorme meglio. Pensavo che non sarebbe successo niente di interessante per un po’. Ci si può sbagliare. Tom fa una festa in piscina, quando ha invitato Amy ho pensato che non gli funzionasse bene il cervello, ma non capisce che Amy non ha più un buon rapporto con l’acqua? Amy non ha paura dell’acqua, ne è terrorizzata, vorrebbe superarla ma non riesce più a distinguere l’acqua dalla morte. Stiamo tornando a casa con passo lento, Amy si gode il sole ed è di ottimo umore, mi spiace rovinarglielo ma lo devo fare.
” Andremo alla festa di Tom?”
“E’ il suo compleanno e ci ha invitate.”
“ Sai cosa intendo”
“ Ovvio che lo so”.
Gira intorno all’inevitabile.
“ Hai il terrore dell’acqua, come pensi di poter andare ad una festa in piscina!!”.
Si morde il labbro.
“Lasciami provare”.
Finirà male, già lo so, però ho l’assurda speranza di sbagliarmi,non posso fare l’uccello del malaugurio.
“ Va bene”.
Però so che non va bene per niente. Non va bene per niente, è quello che continuo a ripetermi, me lo ripetevo mentre Amy sceglieva con Barbie il costume ed il regalo, me lo ripetevo mentre ci preparavamo per andare a casa di Tom, ed ora che siamo vicine a casa sua è quasi un urlo, un urlo silenzioso, ho un brutto presentimento.
“Non va bene”
“ Cosa non va bene?”
“ Tutto questo,l’acqua, la gente, non va bene”
ora anche lei ha paura, ma è troppo tardi, c’è molta gente, troppa per i miei gusti. È un mare di corpi, rosa e bianchi, accaldati, che si godono questo insolito torrido maggio. Poi c’è Amy, che avanza, con la sua pelle scura e le sue cicatrici, ha paura, gli occhi da cerbiatto impaurito, avanza lentamente, stringe i pugni, il respiro corto, qualche ferita fresca, uno schizzo rosso che luccica mentre il sole ha già cominciato a scurire le cicatrici, questa è Amy e sembra che tutti la osservino, questa massa informe di corpi di cui lei non fa parte, avanza,l’acqua che luccica, brilla, brillava anche quando si è presa Sammy. Amy si ferma, le gambe si rifiutano di compiere un altro passo. È ferma, trema, la sua temperatura è sotto zero e non va bene, non va bene per niente. Non so per quanto tempo rimane così, ma ad un certo punto arriva Tom.
“ Stai bene?” le chiede.
Amy non risponde. Amy non c’è.
“ Amy rispondimi!”
Tom la prende per le spalle e la scuote. Amy sembra risvegliarsi, guarda Tom come se non lo riconoscesse. Sento che accadrà qualcosa di brutto. Arrivano gli amici di Tom,chiassosi ed imprevedibili. Urlano: “ Dai Tom, buttiamola in acqua”
“ No, oddio tiprego, no!” La sollevano, Amy urla, suoni inarticolati di puro terrore, loro ridono, non capiscono. Io si, ma non posso fare niente. Scaraventano Amy in acqua, lei urla, loro pensano che sia uno scherzo ma Amy è in acqua e urla.Tutti la fissano, ma lei non li vede, lei vede Sammy che galleggia a pancia ingiù. Le grido di uscire dall’ acqua, le mie urla le rimbalzano nel cervello,torna nel presente. Scappa, entra in casa, barcolla, è tornata nel presente troppo in fretta, trema, ha uno sguardo che non mi piace, è lo sguardo che aveva quando prese per la prima volta il coltello, è lo sguardo che ha sempre quando prende il coltello. Si siede un momento, le gambe non vogliono reggere il peso, Barbie entra, spero che la convinca a restare. Non voglio che si tagli.
“Amy..”, comincia Barbie prudente.
Amy non risponde.
“ E’ per quello che è successo a tua sorella? È per questo che urlavi?” Amy la guarda, la osserva con serietà per un minuto o due, poi si alza e se ne va. Bisogna fidarsi dei brutti presentimenti. Amy non dice una parola per tutto il ritorno, so che è impaurita, so che si vergogna e che è arrabbiata, sono emozioni troppo forti,nel suo cervello vorticano e vuole farle smettere e lei conosce solo il coltello per ristabilire la pace dentro di sé. Entriamo in casa, sua madre le scivola vicino, le dà un’occhiata di sbieco, spero che dica qualcosa, non dice niente.Amy si fionda in camera, rovista tra le sue cose e lo trova, il coltello,quello della sua prima volta, sorride, un sorriso che non è neanche parente di un sorriso che esprime gioia. Avvicina il coltello alla pelle e preme
. “ Sono voluta andare alla festa” ,uno,due,tre, tira.
“Perché mi hanno invitata”, uno, due,tre, tira.
“Mi hanno buttata in acqua”, uno due, tre, tira.
“ Mamma neanche mi guarda più”, uno, due,tre, tira
. “Ho ucciso Sammy”, uno,due, tre, tira.
Amy infierisce sul braccio con furia, ormai goccia sangue, non si era mai fatta una cosa del genere. In quel momento, quando ha finito di farsi a fette il braccio, ecco che entra sua madre: gli occhi annebbiati finalmente tornano tersi, la vede, vede sua figlia dopo anni. La madre di Amy si copre la bocca perchè sua figlia ha un braccio rosso di sangue e un coltello in mano. L’autolesionismo è un castello di carte, basta un passo falso per farlo cadere, il castello di Amy è appena caduto.
“AMY!”
urla sua madre,rompe il silenzio,si accorge di essere viva, di avere una voce e di poter urlare , non solo sussurrare. Poi continua ad urlare: “ CHE COSA STAIFACENDO!?”
Amy è inchiodata sul posto, un animale selvatico perso nei magnetici fari di un camion.
“PERCHE’ CI RENDILE COSE PIU’ DIFFICILI!?”
Amy scatta, siprecipita in giardino, le ultime parole pronunciate dalla madre le rimbombanoin testa. Si ferma in mezzo al prato, so cosa vuole fare. Avvicina lentamenteil coltello al polso, trema, dentro di lei c’è un terremoto.
“ Non ci pensare nemmeno”
“ Rendo le cose più difficili”, Amy geme, “ Lei neanche mi vede”
“ Oggi ti ha visto”
“ Ha visto un’assassina”
“ No, ha visto quello che lei e tuo padre ti hanno fatto diventare”
Ha ancora il coltello premuto sul polso, non deve tirare, non dobbiamo morire, devo farle sentire la mia voce, soprattutto nel caos della sua mente, devo essere abbastanza forte da farla smettere.
“ Oggi ha visto i bicchieri ed i piatti rotti senza che nessuno li raccogliesse, ha visto il silenzio a tavola, ha visto le cicatrici su cui non ha indagato, ha visto che eri viva mentre loro ti credevano morta, ti hanno cercata sott’acqua, pensavano che fossi lì con Sammy, ma oggi hanno capito che sei uscita e possono uscire anche loro”
Amy lascia cadere il coltello, adesso e per sempre. In quel momento scendono i genitori di Amy,non so da dove suo padre sia sbucato, non m’importa, l’abbracciano, sono usciti dall’acqua. Siamo in camera di Amy, è passata una settimana dalla festa di Tom,in un certo senso sono contenta che sia successo quel che è successo. Amy non vuole più tagliarsi. Alcune delle ferite che si è fatta hanno richiesto dei punti,soprattutto quelle inflittesi dopo aver detto“ Ho ucciso Sammy”, ma tutto è in via di guarigione.
“Sei d’accordo sul fatto di andare da uno psicologo?”
“Si, credo che certe cose non posso dirle solo a me stessa, devono essere dette ad alta voce per diventare reali.”
“ Non ti taglierai più?.”
“ Sono abbastanza forte”
Amy sorride, lo specchio riflette il suo sorriso, e allora mi accorgo che abbiamo gli stessi capelli ricci, gli stessi occhi marroni, la stessa pelle scura e le stesse cicatrici, che sono le ultime. Siamo uguali. Forse perché mi sto guardando allo specchio.